02.02.2023 GIOVEDI’ PRESENTAZIONE DEL SIGNORE – LUCA 2,22-40 “I miei occhi hanno visto la tua salvezza”.

«Fermatevi nelle strade e guardate, informatevi circa i sentieri antichi, dove sta la strada buona e prendetela, così troverete pace per le anime vostre». Geremia 6,16

Pietro Saltarelli… il VECCHIO FARISEO COMMENTA…. In illo tempore: dixit Iesus…

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Dal Vangelo secondo LUCA 2,22-40

Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, Maria e Giuseppe portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore – come è scritto nella legge del Signore: «Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore» – e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore. Ora a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d’Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore. Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch’egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo: «Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada in pace, secondo la tua parola, perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli: luce per rivelarti alle genti e gloria del tuo popolo, Israele». Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: «Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione – e anche a te una spada trafiggerà l’anima –, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori». C’era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuèle, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto con il marito sette anni dopo il suo matrimonio, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme. Quando ebbero adempiuto ogni cosa secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nàzareth. Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui. Parola del Signore

 

Mediti…AMO

Fratelli e sorelle, sono trascorsi quaranta giorni dalla gioiosa celebrazione del Natale del Signore.

Secondo la legge di Mosè (Lv 12,1-8) la donna che aveva partorito un figlio veniva considerata impura per 7 giorni e poi doveva attendere confinata in casa per altri 33 giorni (in caso di una figlia femmina il periodo saliva ad 80 giorni complessivi).

Al termine di questo periodo doveva presentarsi al tempio e offrire un agnello in olocausto e un piccione o una tortora in sacrificio di espiazione. Se non si poteva permettere l’agnello, erano sufficienti due piccioni o due tortore.

La purificazione riguardava solo la madre, ma Luca parla della “loro purificazione”, indicando così anche Giuseppe. Per quale motivo? Forse Luca seguiva una convinzione di tipo greco secondo la quale l’impurità riguardasse la madre, il figlio e anche tutti coloro che avevano assistito al parto.

Più probabile che Luca, come si vede anche più sotto non conoscesse molto bene le usanze ebraiche e si limiti a ricordarle in modo generale. Di fatto l’accento viene spostato sulla presentazione del bambino al Signore, altro rituale che accompagnava la nascita degli israeliti.

Inoltre, il primogenito di ogni famiglia umana (e anche degli animali) era consacrato al Signore per la sua esistenza (Es 13,11ss).

Perché, mai dobbiamo dimenticare, che il figlio che viene dao a noi genitori, deve essere subito offerto al Creatore nostro, per un sogno più grande. È il riconoscimento che i figli sono affidati al nostro amore e alle nostre cure ma che non sono mai cosa nostra, APPARTENGONO A DIO E ALLA LORO VOCAZIONE.

In un secondo momento la Legge ne previde il riscatto, attraverso il pagamento di cinque sicli d’argento (la paga di 20 giorni, come ci ricorda il Libro dei Numeri in Nm 8,14-16).

Però ai tempi di Gesù la presentazione del primogenito non si faceva più e nel suo racconto Luca omette di parlare del riscatto del primogenito. Inoltre per realizzare questo riscatto non era necessario portare il bambino al tempio: il padre poteva pagare la somma richiesta a un sacerdote del villaggio.

Luca cita Esodo 13,12 adattandolo all’annuncio che l’angelo Gabriele aveva fatto a Maria “…il bambino sarà chiamato santo“, per cui GESÙ QUINDI APPARTIENE A DIO FIN DALLA NASCITA E NON SOLTANTO DAL MOMENTO DELLA SUA PRESENTAZIONE.

Comunque oggi si ricorda che Gesù fu presentato al tempio da Maria e Giuseppe. Con quel rito egli si assoggettava alle prescrizioni della legge, MA IN REALTÀ VENIVA INCONTRO AL SUO POPOLO, CHE L’ATTENDEVA NELLA FEDE.

Luca vuole mettere l’accento sul fatto che i genitori di Gesù erano fedeli alla tradizione giudaica. Per ben tre volte in questi versetti viene ricordata la Legge del Signore.

Giuseppe e Maria appartengono al “resto” dei poveri di JHWH, disposti ad accogliere la venuta escatologica di Dio e del suo Inviato.

Ma Luca, sottolineando la scrupolosa osservanza di Giuseppe e di Maria, voleva ANCHE RISPONDERE A QUEI GIUDEI CHE SI METTEVANO IN ATTEGGIAMENTO CRITICO VERSO I CRISTIANI, GIUDICANDOLI SOLO UNA SETTA FONDATA DA UN “ERETICO”, CHE AVEVA DEVIATO DALLE GENUINE TRADIZIONI DI ISRAELE.

Allo stesso tempo, guidati dallo Spirito Santo, vennero a trovarsi nel tempio anche i santi vegliardi Simeone e Anna che, illuminati dallo stesso Spirito, riconobbero il Signore e pieni di gioia gli resero testimonianza.

Il vecchio Simeone, certo della promessa ricevuta, riconosce in Gesù la salvezza di cui il Cristo è portatore e accetta il compiersi della sua esistenza.

Anche Anna, questa profetessa ormai avanti negli anni, che aveva però passato quasi tutta la sua vita in preghiera e penitenza riconosce Gesù e sa parlare di lui a quanti lo attendono.

Entrambi sono anziani, simbolo di una lunga attesa giunta a termine.

Simeone era un uomo giusto e pio, obbediente alla volontà di Dio, fedele al culto nel tempio, fiducioso nelle promesse di JHWH.

Anch’egli è un povero di JHWH, che attende “la consolazione di Israele”. EGLI NON È UN SACERDOTE, SI AVVICINA DI PIÙ ALLA CATEGORIA DEI PROFETI.

Simeone non avrebbe visto la morte prima di aver visto il Cristo. Questa frase sarà portata a compimento con il cantico di Simeone “…i miei occhi hanno visto la salvezza“. E infatti in questi versetti che lo riguardano viene più volte ricordato lo Spirito Santo.

LUCA CI SUGGERISCE COSÌ CHE LA LEGGE E I PROFETI SONO I RIFERIMENTI INDISPENSABILI PER ACCOGLIERE GESÙ E PROCLAMARE LA SUA MESSIANICITÀ.

Anna e Simeone, a differenza di molti altri, capiscono che quel bimbo è il Messia perché i loro occhi sono puri, la loro fede è semplice e perché, vivendo nella preghiera e nell’adesione alla volontà del Padre, hanno conquistato la capacità di riconoscere la ricchezza dei tempi nuovi.

Prima ancora di Simeone e Anna È LA FEDE DI MARIA CHE PERMETTE ALL’AMORE DI DIO PER NOI DI TRAMUTARSI NEL DONO OFFERTOCI IN CRISTO GESÙ.

Giovanni Paolo II nella “Redemptoris Mater”, al n.16, ci ricorda che “quello di Simeone appare come un secondo annuncio a Maria, poiché le indica la concreta dimensione storica nella quale il Figlio compirà la sua missione, cioè nell’incomprensione e nel dolore”.

Ma non si può fare a meno di notare con quanta gioia Maria e Giuseppe si recarono al tempio per presentare a Dio il loro Bambino.

E di vedere che, anche loro, pur conoscendo la straordinarietà di quel bambino, annunziata dall’Angelo, devono imparare a poco a poco ciò che lo riguarda.

Ed è la ragione per la quale, alle parole di Simeone non poterono che rimanere stupiti.

Ogni bambino è una novità, porta in sé una promessa, un progetto che i suoi genitori possono solo conoscere di giorno in giorno.

Prendendo il bambino in braccio, Simeone intuisce il dramma del suo popolo, che sarà profondamente lacerato dalla parola viva e tagliente del Redentore. E sa bene che Maria ne rappresentava il percorso: avrebbe dovuto affidarsi, ma attraversò dolori e oscurità, lotte e silenzi angosciosi.

La storia del Messia sofferente sarà lacerante per tutti, anche per la Madre: non si segue la nuova luce destinata al mondo intero, senza pagare il prezzo, senza essere provocati a scelte rischiose, senza rinascere sempre di nuovo, ogni istante, dall’alto e in novità.

E vorrei chiudere questa meditazione con le parole di Padre David Maria Turoldo (1916-1932) dei SERVI DI MARIA, ritenuto da alcuni uno dei più rappresentativi esponenti di un cambiamento del cattolicesimo nella seconda metà del ‘900, il che gli ha valso il titolo di “coscienza inquieta della Chiesa”:

  • “…sii per me rovina e risurrezione, Signore. Non lasciarmi mai nell’indifferenza. Cristo mia dolce rovina che rovini il mio mondo di maschere e bugie, che rovini la vita illusa. Contraddicimi, Signore: contraddici i miei pensieri con i tuoi pensieri, questa mia amata mediocrità, le sicurezze del Narciso che è in me, l’immagine falsata che ho di te. Sii mia risurrezione, quando sento che non ce la faccio, quando ho il vuoto dentro e il buio davanti; dopo il fallimento facile, la fedeltà mancata, l’umiliazione bruciante. Risorgi in me, mio Signore, con tutto ciò che ho amato e amo e che credo perduto per sempre”.

Ragioniamoci sopra…

Prega il Signore per me… Fratello che Leggi…

Sia Lodato Gesù, il Cristo!