01.10.2023 – DOMENICA XXVI P.A. A – MATTEO 21,28-32 “Pentitosi andò. I pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio”.
«Fermatevi nelle strade e guardate, informatevi circa i sentieri antichi, dove sta la strada buona e prendetela, così troverete pace per le anime vostre». Geremia 6,16
Pietro Saltarelli… il VECCHIO FARISEO COMMENTA…. “In illo tempore: dixit Iesus…”
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Dal Vangelo secondo MATTEO 21,28-32
el Signore
Mediti…AMO
Il brano evangelico di domenica scorsa parlava di operai chiamati a lavorare in una vigna, e una vigna torna in quello di oggi (Matteo 21,28-32) come ambiente di un breve racconto di carattere familiare.
Topograficamente Gesù si trova a Gerusalemme, dove è andato di proposito per “contestare” le autorità e spingerle a manifestare apertamente la loro opposizione alla predicazione messianica.
I capi religiosi erano furibondi contro Gesù perché Gesù ha dichiarato che il tempio è un covo di ladri”.
Allora si erano scagliati contro Gesù, chiedendo con quale autorità Gesù aveva fatto questo.
E Gesù non aveva risposto, ma aveva detto “...prima ditemi voi con che autorità esercitava Giovanni il Battista. Veniva il suo insegnamento dal cielo”, cioè da Dio, “o dagli uomini?”.
Ed essi tacquero, perché sapevano bene che tutto quel che determina il comportamento delle autorità religiose è in base al loro unico Dio, quello che regola la loro esistenza.
MENTRE ESSI, TUTTO QUELLO CHE FACEVANO ERA PER LA LORO CONVENIENZA.
Ed era in base alla loro convenienza che ragionavano, e quindi non risposero nulla.
che ve ne pare? Un uomo aveva due figli...”
E fa uso volutamente una parabola di Isaia che parla della vigna che è Israele.
ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo” (21,28), cioè a coloro che ritengono di aver già risposto alla chiamata di Dio e non dubitano affatto di stare dalla parte di Dio.
Nelle parole di Gesù vi è un evidente intento polemico, come appare nel commento conclusivo “...i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio” (21,31).
Gesù insegna che l’iniziale disponibilità non ci mette al sicuro da errori, è necessario vigilare sempre per evitare che il pur sincero eccomi venga poi inquinato da altri interessi egoistici (interessi sempre mascherati da buone intenzioni) fino a diventare una sostanziale chiusura.
“Un uomo aveva due figli”: la GRANDE PROVOCAZIONE DI GESÙ è presente fin dalle prima battute.
E’ UNA TERRIBILE PROVOCAZIONE PER UN EBREO, perchè, nella mentalità di un israelita, VI ERA UN SOLO FIGLIO ED ERA IL POPOLO D’ISRAELE, IL FIGLIO PREDILETTO.
“Quando Israele era giovinetto, io l’ho amato e dall’Egitto ho chiamato mio figlio” (Os 11,1), dirà il profeta Osea.
L’analogia dei due figli è chiara.
In primo luogo riguarda le relazioni interne al popolo di Israele.
Ufficialmente il popolo è diviso a motivo religioso, tra osservanti e peccatori.
Ma in realtà divisi da motivi economici e sociali.
In secondo luogo l’immagine dei due figli viene utilizzata anche per descrivere le relazioni dentro la comunità cristiana che soffrono della stessa tentazione di formalismo religioso.
Non si tratta tanto di incoerenza morale, quanto di annullamento del desiderio autentico di Dio e di sostituzione di precetti umani.
si rivolse al primo” (21,28). in greco troviamo “proselthōn” che significasi “avvicinò”.
Attenzione ai particolari…. QUESTO PADRE, è ICONA DI DIO, non comanda con autorità, rimanendo distante.
MA, AL CONTRARIO, È UN DIO CHE AMA E PERCIÒ VUOLE ENTRARE IN RELAZIONE.
L’autorità non si esercita restando in alto ma abbassandosi.
Chissà quante volte Dio si è avvicinato ed ha parlato al nostro cuore, ma noi eravamo distratti, preoccupati da altre INUTILI COSE.
Mi piace sottolineare il fatto che questo padre abbia due figli, dei quali sappiamo il nome, che sono sullo stesso piano.
Uno si chiama “INTENZIONE” e l’altro “AZIONE”. Ad essi questo buon padre si avvicina per fare la stessa proposta a entrambi.
Anche Gesù si avvicina all’uomo, ad ogni uomo, per fargli la sua proposta di salvezza. Ma se la proposta è unica, ben diversa è la risposta.
perciò vi dico: vi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che lo farà fruttificare” (Mt 21,41).
hi è allora il vero destinatario della promessa, il vero credente?”
Anche la parabola dei due figli deve essere letta in questa prospettiva.
Molte volte, infatti, può verificarsi una forma di sintonia solo apparente, perché ultimamente interessata, tra la nostra volontà e quella del Padre.
Siamo capaci di dirgli dei “sì” interessati, falsi e superficiali, che MAI sono maturati al sole di quella vera obbedienza interiore, che può solamente essere il frutto di una profonda conversione a Dio.
Una forma di obbedienza disobbediente perché non tocca le radici del nostro cuore e non cambia la nostra esistenza.
In questa ipotesi è vero che, pur immersi in una vita ancora disordinata, coloro che hanno deciso di seguire Cristo, senza reticenze e senza cercare in ultima analisi il loro interesse, si riscatteranno e avranno la precedenza nel regno dei cieli.
La parabola ci fa capire quanto sia anche per noi reale il pericolo di partecipare, con apparente docilità, durante tutta la nostra vita, alle celebrazioni liturgiche e alle attività della Chiesa, senza mai diventare veri cristiani.
Questo brano matteano, come già ho iniziato ad accennare, è una PROVOCAZIONE, che viene pronunciata da Gesù, nel tempio di Gerusalemme, come risposta ai sommi sacerdoti e agli anziani del popolo, i quali gli domavano con quale autorità egli insegnava e operava guarigioni.
E questa articolata risposta di Gesù, è contenuta nella parabola dei due figli e nelle due successive.
Ma sa anche che non è infrequente il caso opposto: la resistenza iniziale si arrende e si fa ciò che prima ci siamo rifiutati di fare.
Del resto chi pecca di nascosto difficilmente si converte, perché continua ad essere stimato per quello che appare.
Il pubblico peccatore, proprio perché pubblico, essendo esposto al biasimo altrui, è spinto alla conversione e a diventare sensibile alla presenza di Dio.
E questa pagina del Primo Evangelista, è la sintesi profonda di quello che accade nel cuore dell’uomo.
È un’esperienza comune rifiutare di primo acchito ciò che ci costa o non piace, ma accogliere la possibilità di salvezza che si schiude dalla conversione e il cui frutto è il PENTIMENTO.
È QUEL MISTERO CHE NASCE DALL’IRRUZIONE DELLA GRAZIA CHE RAGGIUNGE OGNI CUORE CONTRITO E UMILIATO E CHE DIO AMA FOLLEMENTE E MAI DISPREZZA.
Ne restano esclusi coloro che, in un atteggiamento di soggezione o di religiosità, presumono di essere a posto.
Come il fariseo al tempio, che davanti al Signore sfila le sue opere buone così diverse da quelle degli altri uomini, definiti come «ladri, ingiusti, adulteri».
Egli non ha bisogno di nessun perdono, di nessun dono da Dio: si attende solo la giusta ricompensa che si merita e che gli spetta.
E così il suo cuore diventa duro verso gli altri, verso se stesso e anche verso Dio che, se non collabora con lui, diventa per forza un nemico.
Il verbo che Matteo utilizza non esprime semplicemente il pentimento, ma anche un DISPIACERE, un pentimento che nasce dalla decisione di andare oltre il proprio sentimento, che in questo caso è IL RIFIUTO.
L’atteggiamento del figlio che alla fine obbedisce getta una luce nuova sulla nostra capacità o meno di obbedire E RIDONA LA SPERANZA AD UNA UMANITÀ DISOBBEDIENTE E PECCATRICE INCALLITA.
Racconta, infatti, un tratto caratteristico della nostra umanità, del nostro carattere.
Racconta di tutte quelle volte in cui non siamo capaci di un “sì” immediato e tuttavia, alla fine, siamo capaci di ripensarci, di andare oltre il nostro sentire.
PIÙ CHE ESALTARE UN’OBBEDIENZA CIECA E IMMEDIATA, LA PARABOLA APPREZZA L’ATTEGGIAMENTO DI CHI È CAPACE DI RITORNARE SULLA PROPRIA DECISIONE, DI CHI È CAPACE DI DISOBBEDIRE A SE STESSO E SCOPRE CHE L’OBBEDIENZA È UN ATTO D’AMORE O DI RESPONSABILITÀ.
Gesù CI FA CAPIRE CHE DIO non vuole UOMINI CHE DICANO SOLO “SI”, uomini sempre disposti ad obbedire in modo servile, solo per timore e in maniera fredda e distaccata.
MA VUOLE L’OBBEDIENZA DI CUORE, ANCHE SE NON IMMEDIATA, PERCHÉ ESSA RIMANE PER SEMPRE LA PIÙ VERA.
Il mio amato Papa Benedetto XVI, in una conferenza affermava:
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«La Chiesa può sorgere solo là dove l’uomo accetta la sua verità, e questa verità consiste precisamente nel fatto che egli ha bisogno della Grazia. Dove l’orgoglio gli preclude questa conoscenza, egli non trova la strada che porta a Gesù».
Solo Dio misura il valore autentico e magari nascosto di ogni persona perché vede il cuore.
Ci sono “obbedienze” solo di “apparenza”, che riempiono di soddisfazione i farisei di tutti i tempi, e ci sono i “ribelli” – indisciplinati, insofferenti, peccatori – che con impegno esigente colgono l’invito alla conversione e si incamminano sulla strada della salvezza.
Che la Vergine Maria ci insegni a dire senza indugio “ECCOMI” ad ogni chiamata del Signore, perché possiamo entrare nel cuore del Nostro Padre celeste.
Ragioniamoci sopra…Pace e Bene!
Il Signore IDDIO ti Benedica
Prega il Signore per me, Fratello che Leggi…
…e ti prego di condividere, se ciò che hai letto è stato di tuo gradimento!
Sia Lodato Gesù, il Cristo!