01.08.2023 – MARTEDI’ SANT’ALFONSO MARIA DE’ LIGUORI – MATTEO 13,36-43 “Come si raccoglie la zizzania e la si brucia nel fuoco, così avverrà alla fine del mondo”.
«Fermatevi nelle strade e guardate, informatevi circa i sentieri antichi, dove sta la strada buona e prendetela, così troverete pace per le anime vostre». Geremia 6,16
Pietro Saltarelli… il VECCHIO FARISEO COMMENTA…. “In illo tempore: dixit Iesus…”
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Dal Vangelo secondo MATTEO 13,36-43
+ In quel tempo, Gesù congedò la folla ed entrò in casa; i suoi discepoli gli si avvicinarono per dirgli «Spiegaci la parabola della zizzania nel campo».
Ed egli rispose «Colui che semina il buon seme è il Figlio dell’uomo. Il campo è il mondo e il seme buono sono i figli del Regno. La zizzania sono i figli del Maligno e il nemico che l’ha seminata è il diavolo. La mietitura è la fine del mondo e i mietitori sono gli angeli. Come dunque si raccoglie la zizzania e la si brucia nel fuoco, così avverrà alla fine del mondo. Il Figlio dell’uomo manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e tutti quelli che commettono iniquità e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti. Allora i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro. Chi ha orecchi, ascolti!». Parola del Signore
Mediti…AMO
Nasce a Napoli il 27 settembre 1696 da genitori appartenenti alla nobiltà cittadina. Studia filosofia e diritto.
Dopo alcuni anni di avvocatura, decide di dedicarsi interamente al Signore.
Ordinato prete nel 1726, Alfonso Maria dedica quasi tutto il suo tempo e e il suo ministero agli abitanti dei quartieri più poveri della Napoli settecentesca.
Mentre si prepara per un futuro impegno missionario in Oriente, prosegue l’attività di predicatore e confessore e, due o tre volte all’anno, prende parte alle missioni nei paesi all’interno del regno.
Nel maggio del 1730, in un momento di forzato riposo, incontra i pastori delle montagne di Amalfi e, constatando il loro profondo abbandono umano e religioso, sente la necessità di rimediare ad una situazione che lo scandalizza sia come pastore che come uomo colto del secolo dei lumi.
Lascia Napoli e con alcuni compagni, sotto la guida del vescovo di Castellammare di Stabia, fonda la Congregazione del SS. Salvatore.
L’intento era quello di imitare Cristo, cominciando dai redentoristi stessi, i quali andavano via via operando per la redenzione di tante anime con missioni, esercizi spirituali e varie forme di apostolato straordinario.
Intorno al 1760 viene nominato vescovo di Sant’Agata, e governa la sua diocesi con dedizione, fino alla morte, avvenuta il 1 agosto del 1787.
Tracciare un profilo breve di un santo, grande e longevo quale fu il napoletano Alfonso Maria de’ Liguori, è quasi un’impresa.
Qui lo si ricorda soprattutto per la sua tutela dei moralisti, come dal nuovo titolo conferitegli da papa Pio XII nel 1950.
Il significato del suo nome, Alfonso, rispecchia sinteticamente la sua personalità: valoroso e nobile.
L’attualità del santo di Napoli sta nel fatto che, pur contrastando nella sostanza il relativismo morale e riconoscendo la Chiesa cattolica come suprema maestra, diede spazio alle “voci interiori della coscienza” e mantenne una posizione di equilibrio e di pratica prudenza tra i due estremi del rigorismo e del lassismo.
Tale posizione affiora in quasi tutte le sue numerosissime opere di meditazione e di ascetica, ma soprattutto è sempre presente nell’ancora oggi studiata “Theologia moralis”.
È questo in effetti il vero capolavoro di colui che, canonizzato nel 1839, venne decretato da papa Pio IX Dottore della Chiesa nel marzo 1871.
Ma veniamo al testo evangelico odierno.
La lettura del Vangelo di oggi, che parla della zizzania che viene raccolta e bruciata, riguarda la separazione finale del bene e del male alla fine dei tempi.
La parabola spiega che fino alla separazione finale, alla fine dei tempi, il bene e il male coesisteranno nel mondo, nella Chiesa e in ognuno di noi.
Ma alla fine, la separazione finale avverrà. Sarà Dio a farla, non noi.
Ancora una volta una parabola, che ci chiede di entrare dentro, di prendere una posizione, di interpretare.
E ancora una volta il seminatore, ancora una volta Dio, che non è colui che miete, o colui che separa (questo sarà compito degli angeli), ma colui che semina, colui che da inizio, colui che avvia, colui che tiene insieme.
Colui che, se sperava anche nei sassi o nelle spine o nella strada (domenica scorsa), possiamo credere che speri fino all’ultimo anche nella zizzania e nel suo cambiamento.
Preoccupiamoci oggi di lasciar crescere il buon grano della Parola in noi stessi.
La parabola è rivolta a noi discepoli e riguarda il problema che più ci attanaglia: il problema del male e del nostro rapporto con esso, problema tutto concentrato nella domanda che i servi fanno al padrone di casa, allorché scoprono meravigliati che nel suo campo, tra il grano, è spuntata anche della zizzania.
È ANCHE VERO, FRATELLI E SORELLE, CHE IL MALE NON APPARE SUBITO.
Anch’esso è frutto di una semina. Il diavolo è paziente!
Ma in genere, all’inizio, appare sempre come qualcosa di bello e di buono.
UNA DELLE COSE PIÙ DIFFICILI DA ACCETTARE PER NOI CREDENTI È PROPRIO LA REALTÀ DELLA COMMISTIONE DEL BENE CON IL MALE.
Da qui le tante fughe nel religioso che fanno sognare la chiesa dei puri nella continua ricerca della personale purezza come assenza di ogni male; oppure le tante fughe dei delusi dalla chiesa quando la si sperimenta come realtà che ha sempre in sé anche la zizzania: ecco allora che ci si allontana da essa e viene ripudiata.
Il Signore Gesù risponde con un secco “no” alle nostre proposte di eliminazione del male perché non accada che, raccogliendo la zizzania, sradichiamo anche il grano (Mt 13,29).
Dio ci propone di avere un rapporto diverso con il male che è in noi e fuori di noi.
Perché, la prima cosa, naturale che ci viene in mente, è quella di correre a sradicare la zizzania, per tutelare il buon grano di Dio.
Infatti, la proposta umana sarà sempre quella di toglierlo di mezzo: “vuoi che andiamo a sradicarla?” (Mt 13,28).
Ma, come ho appena detto, il Signore risponde “no” a questa proposta (Mt 13,29).
E’ davvero un insegnamento importante quello della parabola: di fronte a quella parte di noi pronta a strappare, a sradicare, a separare, SIAMO INVITATI AD ASSUMERE L’ATTEGGIAMENTO DI DIO CHE È FATTO DI PAZIENZA, DI MITEZZA, DI FIDUCIA.
Non è a strappi che cresciamo e facciamo crescere, ma, come dice il Libro della Sapienza al capitolo 12, giudicando con mitezza, governando con indulgenza, amando, infondendo dolce speranza, concedendo la possibilità di pentirsi.
E, come dice il testo originale ebraico, RENDENDO GLI OCCHI DEI FIGLI PIENI DI SPERANZA.
E il Signore questo ce lo ha insegnato con la sua vita: splende quel seme di luce seminato in Zaccheo, nel ladrone pentito, nella donna adultera, nel pubblicano Matteo, nel figlio che allontanatosi da casa ha dilapidato tutte le sue sostanze.
E’ proprio uno sguardo diverso quello di Dio: possa essere così il nostro sguardo, uno sguardo che sappia cogliere il bene che abita in ogni uomo.
Fratelli e Sorelle, certamente è veramente difficile accettare la linea divina nei confronti del male: DIO NON COMBATTE IL MALE REPRIMENDOLO, MA INSEGNANDOCI A VINCERLO CON IL PERDONO.
Il tempo di questa vita, non è il tempo della mietitura (Mt 13,40-43).
E’ il tempo della Misericordia Divina che vuol fare di ogni luogo di peccato il luogo della sua rivelazione: laddove abbonda il peccato, sovrabbonda la sua grazia (Rm 5,20). Il trionfo del bene sarà solo alla fine del mondo (Mt 13,39).
Finché siamo sulla terra, dovremo sempre misurarci con la presenza del male, ricordandoci però che Dio lo lascia stare perché è attraverso di esso che possiamo conoscerlo per quello che Lui è: AMORE INCONDIZIONATO E MISERICORDIOSO.
Se quindi gli crediamo e lo seguiamo nella sua indicazione, scopriremo che tutto concorre al bene di coloro che amano Dio (Rm 8,28), cioè che anche il nostro male può esser messo al servizio del bene.
Scopriremo che davvero il volto del Dio di Gesù Cristo è lo stesso del Dio del libro della Sapienza (1a lettura), quando lo decanta nel modo di agire con cui insegna al suo popolo che si devono amare gli uomini, perché ha dato ai suoi figli la buona speranza che, dopo i peccati, Egli concede anche il pentimento (Sap 12,19).
E scopriremo anche che, toccata con mano la sua misericordia verso il nostro male, diventiamo poco a poco con gli altri come Lui, lo scandaloso Signore che fa piovere sui giusti e sugli ingiusti e fa sorgere il sole sui malvagi e sui buoni (Mt 5,45).
Questa parabola la interpretava con parole luminose padre GIOVANNI VANNUCCI, uno dei massimi mistici del ‘900.
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Diceva: “il nostro cuore è un pugno di terra, seminato di buon seme e assediato da erbacce; una zolla di terra dove intrecciano le loro radici, talvolta inestricabili, il bene e il male. «Vuoi che andiamo a togliere la zizzania?» domandano i servi al padrone. La risposta è perentoria: «No, perché rischiate di strapparmi spighe di buon grano!». Un conflitto di sguardi: quello dei servi si posa sul male, quello del padrone sul bene. Il seminatore infaticabile ripete: guarda al buon grano di domani, non alla zizzania. La gramigna è secondaria, viene dopo, vale di meno. Tu pensa al buon seme. Davanti a Dio una spiga di buon grano vale più di tutta la zizzania del campo, il bene è più importante del male, la luce conta più del buio. La morale del Vangelo infatti non è quella della perfezione, l’ideale assoluto e senza macchia, ma quella del cammino, della fecondità, dell’avvio, di grappoli che maturano tenacemente nel sole, di spighe che dolcemente si gonfiano di vita”.
Mettiamoci sulla strada con cui Dio agisce:
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per vincere la notte accende il mattino;
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per far fiorire la steppa sterile getta infiniti semi di vita;
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per sollevare la farina pesante e immobile mette un pizzico di lievito.
Dio avvia la primavera del cosmo, a noi spetta diventare l’estate profumata di grano.
Io non sono i miei difetti o le mie debolezze, MA LE MIE MATURAZIONI.
Non sono creato a immagine del Nemico e della sua notte, ma a immagine del Creatore e del suo giorno.
L’attività religiosa, solare, positiva, vitale che dobbiamo avere verso noi stessi consiste nel non preoccuparci prima di tutto delle erbacce o dei difetti, ma nel venerare tutte le forze di bontà, di generosità, di accoglienza, di bellezza e di tenerezza che Dio ci consegna.
Facciamo che queste erompano in tutta la loro forza, in tutta la loro potenza e vedremo le tenebre scomparire per sempre.
Ragioniamoci sopra…
Il Signore IDDIO ti Benedica
E tu Prega il Signore per me… Fratello che Leggi…
…e ti prego di condividere se ciò che hai letto è stato di tuo gradimento!
Sia Lodato Gesù, il Cristo!